Lo scavo
Il territorio della Val di Merse, nel sud ovest della provincia senese, è stato oggetto a più riprese di ricerche condotte dall’Area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena. Agli inizi degli anni Ottanta prese avvio il progetto Montarrenti che, oltre lo scavo del castello, prevedeva la ricognizione di una vasta zona comprendente parte del vicino chiusdinese. Nello stesso periodo furono sottoposti ad analisi gli spazi circostanti l’abbazia di San Galgano attraverso ricerche di superficie e due ridotti saggi di scavo che misero in luce un piano stradale, con successive fasi di trasformazione, in asse con l’impianto abbaziale. Dieci anni dopo, all’interno del progetto Carta Archeologica della Provincia di Siena, il territorio comunale di Chiusdino venne esplorato lungamente attraverso battitura a terra e lettura delle fotoaeree; furono analizzate anche le strutture molitorie medievali da grano e da ferro.
Nel 2001 si è deciso di aprire un cantiere di scavo sul sito del castello di Miranduolo, i cui resti erano stati rilevati durante le ricerche di superficie sulle colline boschive dette Costa Castagnoli. L’affondo su Miranduolo fa parte di un più ampio progetto di scavi diffusi, che dovrebbe comprendere, in un futuro molto prossimo, il vicino castello ed abbazia di Serena, gli impianti produttivi nelle immediate adiacenze di San Galgano ed alcuni dei siti individuati in ricognizione. L'incremento delle località indagate ci darà modo di pianificare una valorizzazione del territorio incentrata sulla conoscenza della diacronia insediativa, attraverso percorsi di visita inframezzati da aree attrezzate e didattiche, che alleggeriranno i problemi di congestione e "consumo" del monumento legati alla famosa abbazia.
Scavare a Miranduolo significa anche sottoporre a verifica, ed al tempo stesso contribuire a riscrivere, il cosiddetto “modello toscano”, una linea di lettura della storia del popolamento nelle campagne tra fine dell’età tardoantica e secoli centrali del medio evo. E’ stato frutto di una serie continuativa di riflessioni che si sono alternate nel tempo, trovando posto sia in monografie sia in interventi a seminari e convegni .
I suoi punti principali, per il periodo che qui ci interessa, possono essere così riassunti:
A - Decadenza del sistema delle ville e dell’organizzazione del popolamento rurale tra V e VI secolo, pur se diversificata tra nord e sud della Toscana. Si riconosce un ceto sociale economicamente più dotato e duraturo solo per la fascia settentrionale, dove il carattere di centri militari e strategici di città come Pisa, Firenze-Fiesole e Lucca, probabilmente con l’appendice di Chiusi, doveva svolgere un ruolo trainante. Qui continuava ad esistere un’élite, pur se diminuita nel numero delle sue componenti, che si manifestava anche attraverso la fondazione di chiese. Sintomatico è il caso valdarnese, dove si osserva una diffusa cristianizzazione in contrasto con il generale quadro rurale toscano caratterizzato da una rete di insediamenti religiosi di basso profilo per lo meno sino alla fine della tarda antichità.
B - Accentuazione progressiva e generalizzata dello stato di crisi nel VI secolo con il popolamento rurale in caduta verso livelli demici bassissimi.
C - Formazione della rete insediativa altomedievale intorno alla metà del VI-inizi del VII secolo, con il passaggio all’insediamento accentrato come forma di popolamento predominante.
D - Ruolo “debole” o di basso profilo delle aristocrazie sino alla metà del VII secolo che mostrano di assumere iniziative di maggior portata nell’organizzazione della campagna successivamente.
E - Trasformazione di molti villaggi in aziende spesso con l’adattamento delle strutture del villaggio nel corso del IX secolo; evoluzione dei villaggi in castelli al cui interno convivono nel maturo X secolo sia la connotazione aziendale sia l’aspetto di dominio sul territorio.
Queste elaborazioni e la più complessa costruzione di cui fanno parte, non hanno mai avuto pretesa di generalizzazione all’intera penisola italiana; siamo ben consci dei diversi esiti che la formazione delle società post classiche ha generato; costituiscono comunque una chiave di lettura organica, seppur in divenire, con la quale confrontarsi, mettendo in relazione differenze e similitudini. In altre parole non sono un punto di arrivo, bensì di partenza per proseguire nella comprensione della storia insediativa e delle economie nelle campagne.
La formazione dei villaggi altomedievali fu un lungo processo, con realtà insediative che ricevettero o meno una loro urbanistica sulla base del tipo di controllo e delle scelte effettuate dai membri di un’élite economica soggetta ad un lungo processo di stabilizzazione. Se la frattura e la discontinuità con l’età tardoantica risulta molto evidente, sono poi i secoli IX e X, che ci appaiono come la fase di grande trasformazione, quando in presenza di una politica di accentramento sembrano attuarsi meccanismi di controllo sociale, tendenzialmente tesi ad assottigliare la differenza pratica fra servi e uomini liberi. Meccanismi che si materializzarono nei casi più evidenti, cioè dove il potere decise di dare una propria e solida impronta, forse perchè luoghi scelti per fungere da polo principale nella gestione di una serie di proprietà, nella rimodellazione delle trame urbanistiche dietro finalità funzionali e di politica economica. Fondamentalmente l’alto medioevo risulta quindi un periodo di grande dinamismo delle campagne, soggetto a continue variazioni e sviluppi nelle trame economiche, sociiali, insediative.
Tali quadri diacronici sono chiaramente aperti all’avanzamento della ricerca; ma si potrà evolvere nel processo di conoscenza solo ad una condizione: cioè perseguendo la qualità degli interventi archeologici, che significa anche grande estensione degli scavi (nel caso dei castelli, come Miranduolo inizia a mostrare, sarà necessario allargare le indagini fuori dai circuiti murari) e lunghi anni di lavoro. Se i modelli e le tendenze generali sono in gran parte individuati, viene adesso il momento di iniziare una nuova stagione di studi; l’affondo chirurgico. e non conclusioni tratte da semplici campioni, la costruzione di mappe distributive incrociate dei diversi tipi di reperti, la correlazione delle strutture e della cultura materiale in esse rinvenuta tra loro e con dati provenienti dale aree cimiteriali, lo “spellicciamento” di paesaggi diacronici in serie e le loro correlazione con lo scavo ecc., costituirà l’unico mezzo reale per scrivere nuove storie.